28 Aprile 2024

Cinquanta e poi? Commento al Vangelo della festa di Pentecoste

30-05-2023 00:37 - IL VANGELO SECONDO DON PIERO
Ivrea (TO). Don Piero. Cinquanta, e poi?

Commento al vangelo della Festa di Pentecoste

(28 maggio 2023):
Giovanni 20, 19-23
Strano: per indicare una festa importante, relativa al dono dello Spirito Santo, si ricorre, nel calendario cristiano, ad un … numero! Andando a frugare fra le memorie (ormai lontane) dei miei studi classici, mi sono ricordato che “pentecoste” è un aggettivo numerale: = il cinquantesimo (sottinteso: giorno). Cinquanta, perché mai? Intanto bisogna togliere un'unità: 50 – 1 = 49. Elementare, Watson. 49, perché mai? Perché è un quadrato di sette: sette settimane fanno 49. Se poi si conteggia, nel calendario, il giorno di partenza ed il giorno di arrivo, si arriva a cinquanta. Ed allora? I nostri calendari, ammettiamolo, sono funzionali ai nostri interessi ed alle nostre operazioni. Oggi faccio questo, domani quest'altro. Per ricordarmelo, lo scrivo sul calendario del telefonino. Nell'antichità anche lo scorrere del tempo, e la sua misurazione, suggerivano dei significati. Nella frantumazione del tempo in tanti avvenimenti, si ha talvolta il desiderio di trovare un filo comune, un trait-d'union, qualcosa che unisce momenti diversi.

Il primo simbolismo legato al numero 7 lo troviamo nella Bibbia

: sette i giorni della settimana, sette i doni dello Spirito Santo. Per noi cattolici, sette sono i sacramenti. Sette dice un tutto, una
perfezione che unisce il tre – simbolo divino – ed il quattro - simbolo cosmico (i quattro punti cardinali). Dunque, il numero sette suggerisce un tutto che lega diverse parti. Fin qui un po' di …matematica biblica. Spero non abbia urtato chi non ama la matematica (io sono fra quelli). Nel calendario ebraico, al 50° giorno dalla Pasqua si celebrava già la Pentecoste: era l'offerta rituale dei primi raccolti, ma anche la memoria dei dono della “Legge” a Mosè, sul monte Sinai.

La festa in cui si rinnovava un patto fra Dio ed Israele. Nel Nuovo Testamento è lo scrittore san Luca ad amare il distendere nel tempo avvenimenti connessi: la risurrezione di Gesù ed il dono dello
Spirito Santo. Il tutto in cinquanta giorni! Così, in questo combaciare fra calendario giudaico e calendario cristiano, i Padri della Chiesa amavano affermare che “la domenica di Pasqua si estende, per una grazia ininterrotta, alle sette settimane della Santa Pentecoste” (Atanasio di Alessandria). Appunto ai 50 giorni.

L'evento celebrato, nella liturgia ebraica e cristiana, ha a che fare con chi la celebra: ne illumina e ne orienta la vita. Per gli Ebrei l‘agnello pasquale della “Pesaq” ricordava la notte della liberazione dalla schiavitù egiziana. Il popolo santo, popolo dei salvati! Per i cristiani, fin dalla veglia pasquale, si festeggia la “liberazione” di Gesù crocifisso e sepolto dalla morte. Ma le “energie” divine all'opera nella risurrezione di Gesù sono comunicate ai suoi credenti. E alla fine dei cinquanta giorni? Per gli Ebrei alla liberazione faceva seguito il patto siglato sul Sinai, di cui i comandamenti sono le clausole fondamentali. Dal Mar Rosso al Sinai. Per i cristiani Gesù risorto mantiene la promessa formulata nell'Ultima Cena: dona lo Spirito Santo, quello Spirito che lo ha accompagnato e sostenuto in tutta la sua attività messianica, a partire dal Battesimo al fiume Giordano. Lo Spirito Santo può essere avvertito come qualcosa di evanescente, di impalpabile. O pensato alla stregua degli spiritelli della festa degli Hallowin. Nella Bibbia è evocato attraverso una serie di immagini che oscillano dal vento, al soffio, al respiro. Ma anche la luce e l'acqua ne evocano l'azione di portatore, ristoratore della vita: “Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra”, si prega nei salmi.
Ma nei vangeli lo Spirito cosmico è meglio riferito all'opera di Gesù, che prosegue con lo Spirito: Spirito di verità che illumina la parola portata da Gesù. Nei testi di Giovanni è detto il “Paraclito”, lo Spirito consolatore, l'avvocato difensore, alla lettera: colui che “hai chiamato vicino”, a tua difesa. Se prima poteva essere evocato come folgore o come tempesta, Un Dio “esterno” che mette paura. Ora lo Spirito è restituito all'umanità grazie a Gesù. Come affermava sant'Agostino, diventa più intimo all'uomo del suo stesso intimo. Così diventa il Dio silenzioso, nascosto. Il silenzio oltre la stessa parola. Nel racconto di Pentecoste, degli Atti degli Apostoli, la sua “discesa” è segnalata dall'azione del vento e del fuoco. In quella forma discende sugli Apostoli. La Pentecoste non è un momento di ‘esaltazione' individuale, sotto la spinta dello Spirito, ma un avvenimento comunitario. Essere radunati nel nome di Gesù è la condizione necessaria perché lo Spirito “venga”, sia accolto con i suoi doni. L'effetto dell'azione dello Spirito, evocato con i simboli del vento impetuoso e del fuoco, è una comunicazione straordinaria fra soggetti che parlano lingue diverse. Il palcoscenico dello Spirito, una volta usciti dalla stanza del cenacolo, è costituito dai popoli allora conosciuti sulle sponde del Mare Mediterraneo, una vasta geografia nella quale si svolgerà l'azione di evangelizzazione della Chiesa. Ciascuno sente il messaggio degli Apostoli nella sua lingua! Il prodigio ribalta l'evento della Torre di Babele (Gen 11), in cui gli uomini, per un orgoglio inaudito, avevano voluto dare la scalata al cielo e si erano ritrovati a parlare lingue diverse ed incomprensibili. Ora ci si intende con linguaggi diversi: l'annuncio della fede ha bisogno di linguaggi diversi! Nella attuale situazione segnata da migrazioni sempre più consistenti, il problema che spesso si ripropone è come conciliare eguaglianza e differenze. E' in gioco il rapporto fra unità e diversità, talvolta fra libertà, leggi ed ordinamenti. Lo Spirito è la potenza di Dio che aiuta a comunicare con le diversità, a favorire il loro incontro e la loro conoscenza, in vista del bene comune. Nel vangelo di Giovanni, da cui è tratta la pagina di questa festa, il prodigio di Pentecoste è anticipato all'incontro con il Risorto, la sera di Pasqua. Non c'è bisogno di aspettare 50 giorni! Il Cristo alita sui discepoli il suo Spirito, così come il Creatore aveva alitato il suo Spirito su Adamo, al momento della sua creazione. Nella nuova creazione, il Risorto prende il posto occupato da Dio agli inizi dell'umanità. Questo profondo rinnovamento dei discepoli – al punto da essere presentato come una nuova “creazione” – è legato all'accoglienza dello Spirito Santo: “Ricevete lo Spirito Santo!”. Accogliere è fare spazio alla sua azione; richiede disponibilità ed apertura di cuore. Il frutto di tale accoglienza sta nella capacità di perdono e di riconciliazione. “A coloro ai quali perdonerete i peccati saranno perdonati … “. Il perdono di Dio, per i peccati, mediato dalla Chiesa, ma anche l'azione di riconciliazione che ogni comunità è chiamata a mettere in campo, nel proprio interno ed a favore della società in cui vive. “Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Spirito Santo, rendici operatori di pace e di riconciliazione! Il perdono è rivelatore dell'amore. Ci si perdona perché ci si ama. Lo Spirito, allora, che genera capacità di perdono, è sorgente di amore. Lo Spirito Santo è, alla radice di tutto, Spirito di amore: rivelatore e comunicatore dell'Amore di Dio. Il suo dono accolto è forza di amare. Forza inesausta, nonostante i nostri ripiegamenti egoistici.
Don Piero.

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