28 Aprile 2024

Vangelo Festa della santissima Trinità

06-06-2023 23:37 - IL VANGELO SECONDO DON PIERO
Ivrea (TO), di Don Piero Agrano. Quale immagine di Dio?

Commento al vangelo della Festa della santissima Trinità

(4
giugno): Giovanni 3, 16-18.
A proposito del cristianesimo attuale si sente parlare spesso di crisi, di declino. Ed è vero.

Molti indicatori lo confermano. Un acuto osservatore del nostro tempo, il teologo Brunetto Salvarani (“Senza Chiesa, senza Dio”, Laterza 2023) , si spinge ad affermare che la crisi non tocca soltanto le organizzazioni ecclesiastiche ed il loro funzionamento, ma, a questo punto, la stessa immagine di Dio, che per noi viene dalla tradizione ebraico-cristiana.

Una “crisi del credibile”, un imbarazzo spinto fino a quello che si potrebbe, e dovrebbe, credere. Una “crisi di Dio”, per quel che possiamo conoscere di Lui.
La questione è, ovviamente seria, soprattutto nell'ambito della Chiesa e delle Chiese. Chiama in causa i loro messaggi e la loro stessa ragione di esistere, come comunità di credenti. Nella grande “piazza” mediatica il nome di Dio rischia di essere cancellato, “silenziato”, ma le questioni che a Lui fanno capo, per le quali ci si attende da Lui una risposta - domande di senso, grandi perché, prospettive di un futuro ultimo, bisogno di protezione … – non sono passate di moda. Così la grande domanda – c'è un Dio, e con ciò? – rispunta, e l'interesse alla questione religiosa non è sparito.
Nel calendario della Chiesa cattolica, dopo il ciclo delle feste pasquali, la Chiesa propone la festa della Trinità. Non è una festa che fa memoria di un particolare avvenimento, ma che invita a contemplare il mistero del Dio cristiano, per così dire, nel suo “insieme”. Nella totalità del suo rivelarsi nella storia. Ci si imbatte allora in una formula in apparenza contraddittoria, il monoteismo trinitario. Un solo Dio in tre persone.
Le formule dogmatiche – gli interventi della Chiesa ufficiale che le hanno ‘prodotte' – cercano di render conto del modo in cui Dio si è rivelato: uno eppure in una pluralità (tre) di persone. Detto così, può apparire un rompicapo, o una formula magica. Uno o tre? Il cristianesimo è una religione monoteistica, come l'ebraismo e l'islam. Ma è un monoteismo trinitario.
Per districarsi nel bel mezzo delle questioni dogmatiche e teologiche, occorre avere presenti alcuni punti di riferimento. Innanzi tutto, prima del dogma c'è la Parola di Dio, rivelatrice di una storia che Dio ha voluto fare nel mondo. E' la rivelazione attestata nella Bibbia: il Dio trascendente, il “tre volte Santo” si è voluto comunicare agli uomini.

La Bibbia è l'insieme dei documenti che testimoniano quella risposta umana all'iniziativa di Dio: la Parola divina è già “calata” in parole umane.

Rivelandosi già agli Ebrei come Dio creatore del mondo e salvatore e poi inviando il suo Figlio Gesù, il Dio invisibile svela il suo “volto”, pur restando sempre il “Deus absconditus”, il Dio
nascosto. Con la missione del Figlio e il dono dello Spirito Santo, Dio si manifesta in una pluralità di persone pur rimanendo uno, l'unico Dio. Prima di un elenco di verità dogmatiche la Bibbia ci presenta, dunque, la narrazione di una storia. La storia di un dialogo talora amichevole, talora burrascoso, fra Dio e l'uomo.
L'interpretazione della Bibbia, per un linguaggio di fede comune, non è stato cosa facile. Subito si sono manifestate divergenze talvolta profonde. La prima professione di fede cristiana si trovava nel rito del battesimo: tre immersioni nell'acqua della vasca battesimale “nel nome del Padre e del Figlio, e dello Spirito Santo”. La formula originaria era piuttosto semplice, ma su di essa si sono successivamente addizionati degli elementi dottrinali, definiti dai primi concili, spesso dopo vivaci discussioni. Così Gesù è detto “consustanziale” con il Padre. Ecco, quindi, il Credo recitato durante le Messe festive. Un compendio della fede già formulata e perciò “creduta”. Un “canone”,
una “regola della fede”, a cui tutti sono tenuti ad aderire.
Dietro alle formule un po' astratte del “Credo”, c'è, dunque, l'esperienza vissuta nelle varie Chiese, fin dalle origini. C'è la Bibbia, c'è il vangelo. Perciò il ‘ritorno' dalle formule alla Bibbia è utile. Non ci sono nel vangelo le formule dogmatiche che noi conosciamo (e recitiamo nelle Messe festive). C'è la missione di Gesù rivelatore del Padre e donatore dello Spirito Santo. C'è l'esperienza dei suoi discepoli, c'è la missione evangelizzatrice della Chiesa.
Il passo del vangelo offerto in questa festa si presenta come un frammento del dialogo fra Gesù e Nicodemo. Ma, a guardar bene, questa pagina si presenta piuttosto come una riflessione della giovane Chiesa, quella di Giovanni, sul mistero di Dio, Non su temi marginali, ma sui fondamenti del messaggio cristiano. Appena prima si è parlato di un misterioso “innalzamento” del Figlio dell'uomo”. “Innalzamento” è l'immagine non di un successo politico, ma del senso paradossale dell'elevazione di Gesù sulla croce. Dall'alto della croce Gesù regna e salva. Anche la croce è inclusa nel cammino di Gesù da questo mondo al Padre.
La chiave di lettura misteriosa di quell'”innalzamento su di una croce” sta nell'amore del Padre che dona il Figlio al mondo. Il primo tratto del mistero di Dio è l'Amore, un Amore che dona, senza pretendere nulla. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito …”. L'oggetto di quell'amore è il “mondo”. Nel vangelo di Giovanni il termine mondo/cosmo ha un'accezione spesso negativa. E' un mondo che si è allontanato dal Creatore. Allora Dio colma di sua iniziativa un abisso che si è creato. Si spinge all'estremo. Dio dona la mondo quanto ha di più prezioso, per strapparlo alla rovina. La rovina, il “perdersi”, sta nel giudizio di condanna, nel ripudio da parte di Dio. Che non è nelle sue intenzioni originarie (“Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo”), intenzioni di salvezza.
Queste intenzioni divine, però, possono essere vanificate dalla chiusura dell'uomo, identificata nella sua incredulità. Allora il giudizio finale è anticipato al presente, si compie qui ed ora. E' determinato dalla fede o dalla incredulità nei confronti dell'Inviato di Dio, del suo dono al mondo: il Figlio unigenito “fatto carne” in Gesù di Nazaret. Il fatto, tuttavia, di una sentenza già pronunciata, non esclude ripensamenti, conversioni, orientamenti diversi. Il giudizio già al presente non priva l'uomo della sua ulteriore capacità di decisione. Fra il giudizio al presente e il giudizio finale c'è la vicenda di ognuno.
Ecco, dunque, la festa della santissima Trinità. Al termine della celebrazione del mistero della Pasqua, nel quale l'amore del Padre di manifesta nel Figlio morto e risorto, che dona lo Spirito, la Chiesa contempla Dio Amore infinito, nel mistero della Trinità: tre persone talmente unite nell'amore da costituire un solo Dio. Un mistero che la Chiesa non può pretendere di comprendere a livello razionale, ma davanti al quale si pone in atteggiamento di adorazione e di lode piena di riconoscenza.

Don Piero.

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