"Vincent Lambert: una vita sospesa", nelle parole della canavesana Monica Ramazzina
13-07-2019 20:44 - ATTUALITA´
Ivrea (TO), di Désirée Gabella. E' di pochi giorni fa la notizia della scomparsa di Vincent Lambert, l'uomo tetraplegico, di 42 anni, che da oltre 10, in seguito ad un incidente, viveva in stato vegetativo. La sua vicenda aveva fatto molto discutere, poiché portava nuovamente alla luce una questione che tutt'ora divide: l'eutanasia. La sua storia è stata raccontata in un libro dalla moglie, e, in Canavese, è stato tradotto dalla scrittrice e professoressa, Monica Ramazzina, in un volume dal titolo "Vincent, una vita sospesa", pubblicato da "Atene del Canavese". Non solo un libro, ma una vera e propria testimonianza, che Monica non si è occupata solamente di tradurre dal francese all'italiano, ma si è appassionata della vicenda, l'ha fatta propria, come se Vincent Lambert fosse non solo più "il caso", di cui tutto il mondo stava parlando, ma un amico, da comprendere, senza mai giudicare. Nelle parole di Monica anche l'emozione per l'epilogo della vicenda, per questo ne affidiamo il racconto al suo pensiero. "Amore mio,
Sono trascorsi sette anni da quando ci siamo sposati, e qualcuno in più da quando ci amiamo. Mi domando che ne sarebbe stato di noi due se tu fossi rimasto accanto a me. Può darsi che la vita ci avrebbe riservato momenti difficili, momenti di stanchezza… Ma di una cosa sono sicura, l'amore che ci ha uniti sarebbe rimasto, quello stesso amore che ancora oggi vive e cresce di giorno in giorno grazie a nostra figlia…", inizia così, il 14 aprile 2014, il libro-testimonianza voluto da Rachel Lambert per raccontare la vicenda di suo marito Vincent. "Una vicenda toccante che parte da quando si sono conosciuti e innamorati, poi sposati e divenuti genitori di una bimba - ha raccontato Monica - A pochi mesi dalla nascita della sua principessa, come amava chiamarla lui, Vincent Lambert è vittima di un incidente in motocicletta mentre si recava al lavoro: era il 2008 e da allora la sua vita e quella delle molte persone che gli volevano bene è stata stravolta. Un'altalena di emozioni, di speranze disattese, di battaglie, di pura sofferenza". Come è venuta a conoscenza della vicenda? "Sono venuta a conoscenza di questa triste vicenda nel 2014, per puro caso, mentre ero in vacanza in Provenza ed ero entrata in una biblioteca per curiosare. Mi aveva colpito la prima di copertina del libro che ritraeva due giovani nel giorno del loro matrimonio, oltre che il titolo: Vincent, parce qui je l'aime je veux le laisser partir (poiché lo amo voglio lasciarlo andare)". Come ha deciso di approfondire la questione? "Da quel giorno, tutti i giorni, per una settimana, ho frequentato la biblioteca leggendo il libro per intero che non potevo avere in prestito, e da allora mi sono appassionata di questa triste storia fino a volerla tradurre in italiano, con Atene del Canavese. E' nato così, circa un anno e mezzo dopo, Vincent, una vita sospesa, che sospesa ora non lo è più". Cosa ha rappresentato e rappresenta il libro scritto da Rachel? "E' un concentrato di emozioni, anche laddove si parla della vicenda giuridica, e questa ci fa capire quanta sofferenza e quali combattimenti interiori ha dovuto affrontare questa donna per portare avanti l'idea del marito di non voler vivere in una situazione del genere. Entrambi, infatti, erano infermieri, dunque a costante contatto con la malattia e la sofferenza. Vincent, in particolare, aveva lavorato nel reparto di psichiatria per lungo tempo e aveva confidato più volte alla futura moglie che mai avrebbe voluto vivere in una situazione che toglieva ogni tipo di dignità alla persona". Si è parlato tanto di testamento biologico... "Vincent, data la giovane età, non aveva mai pensato di dichiarare per iscritto le sue volontà, in base a una legge francese, la legge Leonetti, e quindi, in mancanza di un testamento biologico, l'uomo è stato per 11 anni sospeso in questa tragica situazione. La famiglia di Vincent, cattolica praticante e fervente, aveva sempre dichiarato il figlio un disabile e non un malato terminale a cui togliere le cure e da ciò ne era nata una lunga “guerra” tra i genitori e la moglie, che invece ha combattuto fino alla fine per dare corso alle volontà di suo marito". Di questa vicenda si è parlato molto, cosa ne pensa? "Tante cose si sono dette su questa vicenda, anche cose profondamente scorrette: si è parlato di eutanasia praticata a Vincent, anche se non è vero. A Lambert non è stata praticata un'iniezione letale, ma è stato praticato un protocollo ben preciso: è stato sedato in modo profondo e continuo e gli sono state tolte idratazione e nutrizione che lo tenevano appeso a una vita fatta di dipendenza e di assistenza continua". Ha, invece, un suo giudizio personale su questa storia? "Difficile dare un giudizio, soprattutto quando non si è coinvolti dal punto di vista dei sentimenti ma, al di là dell'opinione personale di ciascuno, credo che questo sia il momento del silenzio e del rispetto per tutti coloro che a Vincent hanno voluto bene: quelli che avrebbero voluto averlo ancora con sé , forse egoisticamente ma comprensibilmente da un punto di vista umano, e quelli che hanno voluto lasciarlo partire". Quale insegnamento si può trarre da questa storia? "La vicenda Lambert dovrebbe essere un'opportunità per riflettere su una situazione che potrebbe capitare a chiunque e, proprio per questo, dovrebbe mettere tutti nella condizione di operare scelte il più possibile consapevoli. Questo significa essere a conoscenza delle leggi che vengono applicate in Italia a proposito del fine vita, significa avere una coscienza civica e significa, soprattutto, sollevare chi ci circonda da scelte che sono comunque dolorose, ma che lo diventano ancor più nel momento in cui non conosciamo le volontà di chi ci sta accanto". Cosa si sente ancora di aggiungere? "Buon viaggio, Vincent".
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