Diritto alla salute: il caso Ligresti ed il caso Vadalà
05-11-2013 22:21 - CRONACA


Bova Marina (RC). Di Elisabetta Orlando. In questi giorni in Italia ampi spazi dei tg nazionali e le pagine delle maggiori testate giornalistiche sono occupati dal "caso Ligresti", in cui si accusa il Ministro Cancellieri di favoritismi e nell´agevolazione della scarcerazione, per gravi motivi di salute, della conoscente Giulia Ligresti. Negli stessi giorni in cui la fiducia nelle istituzioni si affievolisce sempre più, la logica dei "due pesi e due misure" prende il sopravvento e con lei anche la rabbia per le ingiustizie che si compiono davanti agli occhi di chi, per sfortuna, non gode dei benefici che trae colui che vanta importanti natali. E´ il caso questo dell´ormai defunto Antonino Vadalà, cittadino bovese di 61 anni, morto in ospedale a Napoli, il 18 ottobre.
Il signor Vadalà, in carcere dall´estate del 2008, stava scontando la pena definitiva di anni 7 di reclusione nell´ambito del processo nato dall´operazione investigativa convenzionalmente denominata "Bellu Lavuru", coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria. Durante il mese di agosto di quest´anno, viene riscontrata allo stesso una "lesione espansiva a livello dell´angolo ponto-cerebrale di sx, di 2° grado intra e extracanicolare. Necessitando di RADIO TERAPIA e di continui controlli c/o presidi sanitari esterni" ("documentazione sanitaria del carcere di Melfi"). Da qui inizia un calvario tra varie carceri ed ospedali, in cui i familiari hanno buone ragioni per ritenere che al loro congiunto non siano state prestate le cure dovute.
Alla luce dei fatti una domanda sorge spontanea, come direbbe un noto conduttore televisivo: esistono carcerati di serie A e quelli di serie B? Perché il diritto alla salute, in quanto diritto umano più elementare, non viene rispettato? L´Organizzazione Mondiale della Sanità (il cui acronimo è OMS), con l´emanazione delle direttive note come "Principio di equivalenza delle cure" sancisce come inderogabile la necessità di garantire al detenuto le stesse cure, mediche e psico-sociali, che sono assicurate a tutti gli altri membri della comunità, la garanzia dell´equità della salute per tutti i cittadini è il fine e l´obiettivo che devono perseguire i servizi sanitari nazionali ad impronta solidaristica. Il diritto alla salute rappresenta, quindi, uno dei diritti fondamentali della persona, diritto che ne riconosce la dignità, che deve essere salvaguardato anche attraverso l´azione dei pubblici poteri. Competenza dello Stato sociale è garantire a tutti l´accesso ai diritti fondamentali, mettere nelle condizioni tutti di poterne fruire in eguale misura e tutelare i soggetti deboli e marginali. Anche la Costituzione italiana agli articoli 2, 3 e 32 tutela l´individuo nel suo bisogno di personalità e socialità. Ognuno dev´essere rispettato in qualità di essere umano e in qualsiasi condizione si trovi, deve poter fare rispettare i propri diritti.
Il caso Ligresti e Vadalà sono l´interfaccia di una società che spesso predilige le corsie preferenziali, a discapito dei principi che DOVREBBERO essere validi per ogni individuo. Dostoevskij sosteneva che "la qualità della società si misura dalla qualità delle sue prigioni", se quest´affermazione è vera, le carceri italiane sono lo specchio di una società che compie il proprio tragitto effettuando continue manovre di sorpasso.
Il signor Vadalà, in carcere dall´estate del 2008, stava scontando la pena definitiva di anni 7 di reclusione nell´ambito del processo nato dall´operazione investigativa convenzionalmente denominata "Bellu Lavuru", coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria. Durante il mese di agosto di quest´anno, viene riscontrata allo stesso una "lesione espansiva a livello dell´angolo ponto-cerebrale di sx, di 2° grado intra e extracanicolare. Necessitando di RADIO TERAPIA e di continui controlli c/o presidi sanitari esterni" ("documentazione sanitaria del carcere di Melfi"). Da qui inizia un calvario tra varie carceri ed ospedali, in cui i familiari hanno buone ragioni per ritenere che al loro congiunto non siano state prestate le cure dovute.
Alla luce dei fatti una domanda sorge spontanea, come direbbe un noto conduttore televisivo: esistono carcerati di serie A e quelli di serie B? Perché il diritto alla salute, in quanto diritto umano più elementare, non viene rispettato? L´Organizzazione Mondiale della Sanità (il cui acronimo è OMS), con l´emanazione delle direttive note come "Principio di equivalenza delle cure" sancisce come inderogabile la necessità di garantire al detenuto le stesse cure, mediche e psico-sociali, che sono assicurate a tutti gli altri membri della comunità, la garanzia dell´equità della salute per tutti i cittadini è il fine e l´obiettivo che devono perseguire i servizi sanitari nazionali ad impronta solidaristica. Il diritto alla salute rappresenta, quindi, uno dei diritti fondamentali della persona, diritto che ne riconosce la dignità, che deve essere salvaguardato anche attraverso l´azione dei pubblici poteri. Competenza dello Stato sociale è garantire a tutti l´accesso ai diritti fondamentali, mettere nelle condizioni tutti di poterne fruire in eguale misura e tutelare i soggetti deboli e marginali. Anche la Costituzione italiana agli articoli 2, 3 e 32 tutela l´individuo nel suo bisogno di personalità e socialità. Ognuno dev´essere rispettato in qualità di essere umano e in qualsiasi condizione si trovi, deve poter fare rispettare i propri diritti.
Il caso Ligresti e Vadalà sono l´interfaccia di una società che spesso predilige le corsie preferenziali, a discapito dei principi che DOVREBBERO essere validi per ogni individuo. Dostoevskij sosteneva che "la qualità della società si misura dalla qualità delle sue prigioni", se quest´affermazione è vera, le carceri italiane sono lo specchio di una società che compie il proprio tragitto effettuando continue manovre di sorpasso.
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